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Quindi, sei proprio sicuro che l’uso della tecnologia in questa fase di “arresti domiciliari” sia smart working?
1. PIANIFICAZIONE PER OBIETTIVI
2. DELEGA & AUTONOMIA
SMART WORKING SIGNIFICA FLESSIBILITÁ

Siamo in continua evoluzione e, sia che ne siamo consapevoli o meno, la nostra esistenza imprenditoriale dipenderà sempre più dalla nostra prontezza nell’affrontare il cambiamento.
Blockbuster e Nokia sono solo due esempi di aziende colosso che si sono schiantati per non aver saputo gestire il cambiamento. Se ne sono accorti quando era troppo tardi. Lo stesso può succedere al tuo business se non sei mentalmente pronto al cambiamento.
Ecco 5 azioni per allenarsi ad esser pronti:
1. NON MOLLARE LA FORMAZIONE
L’imprenditore è un uomo d’azione, ma questa azione diventa efficace se guidata dalla giusta conoscenza. Continuare a studiare mantiene elastica la mente, la predispone a nuovi punti di osservazione e di soluzioni.
2. AVERE UN GRUPPO DI PARI
“Vola con le aquile, non con le papere” questa frase di Brian Tracy mette l’accento sull’importanza di unirci, allearci, condividere esperienze, timori, intuizioni, idee, con altri imprenditori che abbiano interessi comuni.
3. ASCOLTARE IL TEAM
Parlare singolarmente con i collaboratori e tenere riunioni di gruppo periodiche in cui stimolare il confronto di idee, è un ottimo modo per creare e mantenere un rapporto di fiducia e cooperazione. Premiare le idee che hanno creato maggior valore, crea una cultura dove il miglioramento viene incoraggiato.
4. ALLENARE LA MENTE AL CAMBIAMENTO
Cambia alcune tue abitudini anche solo per un giorno: cambia il tuo posto a tavola, svegliati prima o dopo il solito orario, metti l’orologio al polso opposto. Insomma, allena la tua mente ad essere più elastica al cambiamento usando il trucco dei piccoli passi.
5. ENTRARE VELOCEMENTE IN AZIONE
Hai una buona idea? Falla subito! Allena la tua mente ad agire velocemente. Parti da piccole cose, semplici idee facili da mettere in campo senza grandi rischi. Poi alza il tiro, così da abituarti al coraggio di attuare. Questa attitudine sarà utilissima in fase di cambiamento dove dovrai mettere in campo nuove idee correndo dei rischi.

Ogni momento di crisi, porta a galla i problemi mai risolti dall’imprenditore. La crisi è, infatti, come la bassa marea che mette in evidenza sulla battigia ciò che il mare alto nascondeva.
Quando l’azienda cavalca un’onda positiva, i problemi interni vengono coperti dal buon periodo di mercato. Ma quando arriva la crisi, allora tutto ciò che è rimasto irrisolto salta a galla e chiede il conto. Può trattarsi di un disaccordo tra soci; personale mal gestito o non adeguato rispetto le ambizioni di crescita dell’azienda; mancanza di conoscenza nel campo della leadership o del management; basso controllo finanziario; caos organizzativo o mancanza di una strategia chiara.
In questi momenti di incertezza è fondamentale fare un punto della situazione del proprio business per poi creare un piano di azione concreto, ma prima di comprendere i vari passaggi occorre chiarire cos’è il punto di svolta.
IL PUNTO DI SVOLTA
Il punto di svolta è un momento cruciale della crescita aziendale in cui avviare un rinnovamento (di idee, modi di gestire, strategie, ecc.) volto a mantenere la cresta dell’onda. Dall’immagine qui sotto puoi vedere come la maggior parte degli imprenditori (oltre il 99%) decida di cambiare quando tocca quasi il fondo del punto di crisi.
La maggior parte delle azioni vincenti sono controintuitive: nel deserto sopravvivi coprendoti; il metabolismo accelera mangiando 5 volte al giorno; i cambiamenti vanno fatti nei momenti di crescita.
Esci dai luoghi comuni, abbandona le malsane abitudini, e torna ad essere l’imprenditore che eri quando come un pazzo visionario ti divertivi a creare ciò che non c’era. Abbraccia il cambiamento, diventane l’artefice.
Ora prendi un blocco ed una penna (ti serviranno per lavorare insieme a me in questa mini Lezione di Business) e rispondi alle seguenti domande:
- In quale punto del grafico ti trovi oggi? (punto di svolta? di crisi? nel mezzo?)
- Normalmente, tendi a cambiare per scelta o per necessità?
- Quali benefici trai dal cambiamento?
- Quali pericoli avverti nel cambiamento?
- Cosa senti che dovresti cambiare?
- Qual è quella cosa che se fatta oggi, farebbe fare un grande salto positivo al tuo business?
IL CICLO DEL BUSINESS
Ogni business, indipendentemente dal settore di riferimento, segue un ciclo operativo sequenziale ben definito. Analizzare la propria attività su ogni passaggio, è un esercizio molto potente che fa comprendere dove la ruota del tuo business è sgonfia.
Come in precedenza, un grafico ti faciliterà il compito. Prendi il tuo blocco e man mano che descrivo una fase del ciclo del business, dai un valore da 0 a 5 (0 nullo, 5 ottimo).
Che tu abbia un’impresa di produzione, un negozio di abbigliamento, uno studio dentistico, e così via, come prima cosa dovrai occuparti che ci sia domanda per i tuoi prodotti e servizi.
Il marketing crea la domanda ed ha come risultato: clienti (potenziali e non) interessati ai tuoi prodotti e servizi.
Per dare un punteggio a quest’area, rispondi a queste domande:
- Il tuo marketing sta generando richieste di informazioni sui tuoi prodotti?Sta facendo entrare persone nel tuo negozio? Sta portando iscrizioni per il tuo evento informativo?
- Se la risposta è “SI”, lo sta facendo in quantità soddisfacente?
Ora sai se hai un marketing che funziona oppure no. In questa fase, limitati a dare un punteggio, avremo modo di lavorarci tra poco.
Immagina il ciclo del business come una catena di montaggio: ogni passaggio crea un semilavorato per la successiva fase, fino alla realizzazione del prodotto finito.
Quando il marketing funzione, avremo molti clienti e potenziali clienti interessati ai prodotti e servizi offerti per risolvere le loro esigenze. La palla ora passa all’area commerciale.
Il commerciale genera le vendite ed ha come risultato: clienti (e potenziali clienti) che acquistano i tuoi prodotti e servizi con ripetitività.
È chiaro che quest’area si espande se si usa un approccio etico alla vendita, dando al cliente ciò che realmente lo aiuta a risolvere le sue esigenze e sorprende positivamente le sue aspettative. Occorre imparare a vendere valore, che significa interessarsi al problema della persona passando da vendere a fare consulenza. Quando questo accade, non c’è bisogno di vendere perché sarà il cliente a voler acquistare.
Ora sei in grado di fare una valutazione dell’area commerciale della tua azienda e dare un voto da 0 a 5.
Se il marketing crea l’interesse del mercato, il commerciale finalizza questo interesse in vendite comprendendo e soddisfacendo le aspettative dei clienti.
La produzione mantiene la promessa fatta dal commerciale ed ha come risultato: clienti entusiasti del valore ricevuto dai tuoi prodotti e servizi.
In quest’area si materializza il desiderio del cliente, occorre non sottovalutare nulla: dalla preparazione del prodotto/servizio alla sua consegna/erogazione. L’attenzione deve essere massima anche nella scelta di partner esterni come ad esempio un corriere o un’azienda di trasporti. Il cliente deve fare una bellissima esperienza affinché il ricordo sia forte così come la voglia di rifare affari con te.
I tuoi clienti sono entusiasti? Com’è la loro esperienza con la tua azienda?
Dai una valutazione da 0 a 5 anche all’area produzione e passiamo alla fase successiva del ciclo del business.
L’esperienza del cliente deve continuare anche dopo l’acquisto attraverso diverse modalità: infoletter, video corsi per il miglior utilizzo del prodotto, eventi formativi di specializzazione, gruppo chiuso diviso per target in cui i clienti possono interagire con l’esperto di turno, e così via.
L’area customer satisfaction cura la soddisfazione dei clienti ed ha come risultato: clienti sempre informati ed ogni problema prontamente risolto.
La lamentela di un cliente è una grande occasione di crescita: ti consente di fidelizzarlo e di conoscere in cosa migliorare. Circa il 65% dei clienti ogni giorno cambia fornitore e non prodotto. Nella maggior parte dei casi, neppure si lamentano, cambiano e basta. Il fornitore non saprà mai cosa sta succedendo, vedrà il fatturato calare e penserà alla crisi economica. In realtà, la vera crisi è interna all’azienda.
Prendi il blocco, è il momento di valutare come coccoli i tuoi clienti:
- Ricevi molti reclami?
- Come li gestisci?
- Informi e formi i tuoi clienti sul miglior utilizzo del tuo prodotto?
- Chiedi periodicamente ai tuoi clienti cosa vorrebbero che migliorassi?
Ed ora vai di votazione da 0 a 5.
Siamo arrivati alla chiusura del ciclo del business, che ne segna anche il riavvio. Parliamo adesso dell’area amministrazione e finanza.
L’area amministrazione e finanza pensa prima di tutto all’incasso ed ha come risultato: tutto il credito incassato e reso disponibile.
Chiaramente si occupa anche della gestione dei costi, dell’andamento dei principali indicatori finanziari, degli scadenzari attivi e passivi, degli adempimenti fiscali, ma la liquidità è vitale per la sopravvivenza del tuo business.
Il fatturato indica la direzione del tuo business (espansione o contrazione?); l’utile mostra la qualità di gestione dell’attività (utile o perdita?); la liquidità è l’indice di sopravvivenza dell’azienda (senza denaro chiudi i battenti), infatti il 90% delle aziende che chiudono lo fanno per problemi di denaro.
PIANO OPERATIVO
A questo punto, hai una panoramica sintetica delle fasi de tuo business ed hai un’idea delle aree deboli in base alla votazione che hai dato. Adesso passiamo dalla valutazione delle aree alla creazione di un piano operativo con azioni da mettere in campo per migliorare il tuo business.
Metti il tuo voto nel primo spazio sotto ogni colonna e poi scrivi per ogni area la tua risposta a queste domande:
- Cosa devo avere in quest’area affinché possa funzionare come voglio (o migliorare)?
- Cosa mi serve per avere ciò di cui necessito?
- Come posso ottenere ciò che mi serve?
Ti faccio un esempio per l’area commerciale: 1) devo avere vendite per 300mila euro al mese; 2) mi servono altri 5 venditori con esperienza nel mio settore, devo migliorare le mie competenze nella direzione commerciale; 3) posso mettere annunci su siti specializzati, fare reclutamento su LinkedIn, chiedere ai miei migliori venditori di presentarmi altri venditori capaci (e così via).
Come puoi notare, stai iniziando ad aver chiare le aree di miglioramento e tra poco passeremo al piano d’azione. Quando faccio fare questa attività, il passaggio più importante è il confronto che il cliente ha con me: gli offro l’opportunità di osservare nuove prospettive, trovare soluzioni differenti e quindi poter scegliere quella che si ritiene più efficace. Tuttavia, già con questi passaggi guidati, avrai un notevole beneficio in termini di chiarezza strategica che si trasforma poi in efficacia operativa.
Il piano d’azione focalizza i seguenti passaggi realizzativi:
- Cosa avere?
- Cosa serve?
- Come fare?
- Chi lo fa?
- Quando?
Adesso hai un programma di azioni di miglioramento del tuo business, sai cosa migliorare e come farlo, chi deve occuparsene e quando.
REGOLE PER UN PIANO EFFICACE
Esistono 5 preziose regole da seguire al fine di realizzare un piano che sia veramente produttivo:
- Qualunque idea è meglio di nessuna idea.
- Un piano è efficace se viene eseguito.
- Se hai un piano fantastico, ma non c’è nessuno che si assume la responsabilità di portarlo avanti, sappi che il piano fallirà.
- Se non hai tempo di guidare il piano, non eseguirlo.
- Un piano è cattivo se distrae da attività che già si dimostrano di successo e producono ricchezza.
Alcune regole possono sembrarti ovvie, ma fai attenzione perché sono proprio le ovvietà a trarre in inganno. Ho visto idee straordinarie morire in un cassetto, piani fantastici perdersi per strada, nuovi progetti affondare un’area che prima era produttiva e creava ricchezza.
CONCLUSIONI
Siamo arrivati al termine di questa mini Lezione di Business in cui hai imparato a fare un’analisi veloce della tua attività e trovare le aree di miglioramento, definendo un piano d’azione. Hai acquisito un metodo semplice ed efficace, ti ho mostrato alcuni schemi pronti per inquadrare il tuo business, ora sta a te entrare in azione ed andare fino in fondo!
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Se Mario guadagna 100.000 euro l’anno, è due volte più ricco di Giuseppe che ne guadagna 50.000. Pensi anche tu che sia così?
La maggior parte delle persone ragiona in termini di reddito assoluto, che si misura considerando solamente il denaro come parametro di riferimento. Ma se prendiamo come riferimento il mix reddito assoluto e tempo (reddito relativo), possiamo scoprire che le cose non sono come sembrano.
Il reddito relativo si calcola dividendo il tuo guadagno per il numero di ore lavoro. Se ad esempio il tuo guadagno annuo (quello personale, non della tua azienda) è di euro 100.000 e il numero di ore lavoro annue è di 2.530 (supponendo di lavorare 55h a settimana per 46 settimane), il reddito relativo sarà di euro 39,53 (100.000/2.530). Ti sembra poco vero? Prova a calcolare il tuo, ricordando che, espresso in altri termini, il reddito relativo indica quanto vale una tua ora di vita professionale.
Tornando al nostro esempio iniziale:
Mario guadagna 100.000 euro l’anno (2.000 euro a settimana, considerando 50 settimane lavorative), lavorando 80 ore a settimana. Quindi, guadagna 25 euro l’ora (2.000/80). Giuseppe guadagna 50.000 euro l’anno (1.000 euro a settimana), lavorando 10 ore a settimana. Quindi, guadagna 100 euro l’ora (1.000/10).
Considerando il reddito relativo, Giuseppe è quattro volte più ricco di Mario!
Chiaramente, occorre produrre il reddito necessario per sostenere la vita che si desidera, ciò significa che se Giuseppe si ferma alle 10 ore, potrebbe non essere sufficiente. Tuttavia, può arrivare a guadagnare 100.000 euro lavorando 20 ore a settimana contro le 80 di Mario ed avere 60 ore (libere direbbe Mario) da dedicare a sé stesso e la propria famiglia.
Il calcolo del reddito relativo è molto utile per prendere decisioni di business importanti.
Supponiamo che Mario sia un imprenditore o un professionista, abbiamo detto che il suo reddito relativo è di 25 euro/h. A Mario converrebbe delegare ogni sua attività che ha un valore inferiore al suo reddito relativo. Pagando complessivamente 80euro a qualcun altro per fare sue attività di minor valore per un totale di 4h, significherebbe guadagnare 4h da poter dedicare ad attività di maggior valore che potrebbero generare, ad esempio, un reddito relativo di 100 euro/h o più alto. In questo caso avrebbe un utile relativo totale di 320 euro (100×4= 400-80= 320).
Stai svolgendo attività a basso reddito relativo (da delegare) o ad alto reddito relativo (da mantenere)?
Vediamo una case history del settore estetica.
Scenario iniziale: L’imprenditrice aveva avviato il suo business da 5 anni e si barcamenava tra diverse attività: cabina, agenda, gestione amministrativa. Aveva 2 estetiste che si dedicavamo a manicure e massaggi base, lei si alternava tra queste attività ed anche alle poche sessioni con macchinari che a detta sua giravano poco a causa del costo più elevato rispetto al resto dei servizi.
Analisi: Abbiamo fatto un calcolo della sua redditività relativa e quella delle sue collaboratrici rispetto al costo fisso (stipendio), è emerso con suo grande stupore (non il mio che avevo già fiutato l’inganno) che era veramente antieconomico continuare a lavorare così tanto per generare così poco. Il calcolo del potenziale di vendite ed incassi che non stava generando ha dato il colpo di grazia al vecchio modo di pensare, facilitando il cambiamento. Inoltre, ho fatto fare l’analisi del potenziale personale a lei e le due collaboratrici per comprendere esattamente quali attitudini fossero costruttive in relazione agli obiettivi di crescita e quali stessero agendo da freno e fossero quindi da sbloccare.
Soluzioni e Risultati: Abbiamo ampliato la formazione delle due estetiste sulla manicure aggiungendo la ricostruzione delle unghie e due nuovi massaggi. In questo modo abbiamo aumentato il loro reddito relativo ed inserito anche degli incentivi. La titolare si è dedicata all’epilazione laser ed introdotto un nuovo macchinario estetico, il suo reddito relativo si è triplicato ed ha liberato (è proprio il caso di dirlo) 3h al giorno che sono state riprogrammate settimanalmente tra: visite di consulenza (che nel 70% si trasformano in programmi di trattamento estetico), studio di pacchetti e promozioni, gestione finanziaria e strategica dell’attività, tempo per sé stessa. Nel giro di 6 mesi, avviando anche delle attività di marketing e formazione sulle vendite, abbiamo inserito una terza collaboratrice per la gestione dell’agenda e gran parte delle operatività legate ad amministrazione, marketing, recall clienti, e tutte le micro attività che riempivano ancora le ore della cliente così che potesse fare un ulteriore salto avanti per espandere il centro estetico. Il mio programma di intervento è stato gestito con un mix di formazione dal vivo e consulenze via Skype, così da valorizzare il tempo sia mio che della cliente.
Più aumenti il reddito relativo, più avrai tempo per far espandere il tuo business e migliorare la qualità di vita!
Mi auguro che si siano accese diverse lampadine anche a te, così come è successo a diversi miei clienti. Sono un tipo estremamente pratico, quindi voglio lasciarti con 5 azioni da mettere subito in campo:
- Calcola il tuo reddito relativo
- Fai una lista di tutte le attività di valore e di quelle di basso valore che stai svolgendo attualmente in prima persona
- Scopri quanto ti costerebbe delegare alcune di queste attività minori e quante ore recupereresti
- Decidi in cosa investiresti le ore recuperate e che valore avrebbero per te (tieni conto anche del valore emotivo)
- Crea un piano d’azione per aumentare il tuo reddito relativo con obiettivi chiari, azioni e scadenze intermedie
Se hai bisogno di una mano, contattami via mail QUI e ti dirò come posso aiutarti ad avere più tempo e più soldi.
CHI SI ACCONTENTA MUORE!

“Chi si accontenta gode” è la filosofia dei finti soddisfatti e degli infelici camuffati. È più facile accontentarsi che andare fino in fondo per realizzarsi.
Citando il grande Bukowski: “Avrei potuto accontentarmi, ma è così che si diventa infelici”.
Nel precedente post (che trovi QUI) ho parlato del perché il 70% molla e dell’Effetto Spazzatura, ma esiste anche una seconda causa di fallimento…
EFFETTO ELASTICO è come ho chiamato il risultato di chi supera l’Effetto Spazzatura, ma si accontenta dei primi risultati.
Hai presente quello che accade quando fai una dieta dimagrante o inizi uno sport?
All’inizio tutto bello, poi i primi malesseri (qui una buona parte molla), quindi i primi risultati (qui una seconda parte molla) e ci si lascia andare a compromessi che riporteranno alla situazione iniziale.
Per arrivare ad avere il “bicchiere d’acqua pulito”, occorre avere la pazienza di continuare a lavorare sul processo di cambiamento. Invece, una buona parte del 70% che molla, vede un miglioramento della situazione e si ferma (come mostrato nella foto). Agendo così, entro breve, si tornerà ad avere gli stessi problemi iniziali, se non peggiori.
L’Effetto Elastico è un tipico esempio di come una IDEA VIRUS possa generare un COMPORTAMENTO distruttivo, nonostante la conoscenza che si possa avere sull’argomento (ne parlo in questo post QUI).
La CONSAPEVOLEZZA di come funzioniamo a livello comportamentale è davvero fondamentale per ottenere grandi risultati senza incappare nell’Effetto Elastico o Effetto Spazzatura.
La primissima attività che facciamo fare a un nostro cliente imprenditore (ed al suo team) è proprio la mappatura delle sue idee che evidenziano quali sono i comportamenti produttivi e quali quelli distruttivi in funzione dei risultati e dei cambiamenti che vuole ottenere.
Concludo questo post ricordando che accontentarsi ed essere contenti non sono proprio la stessa cosa!
PERCHÈ IL 70% MOLLA

IL 37,4% NON ARRIVA AI 5 ANNI

Sono le iniziative imprenditoriali che non sono riuscite a brindare al sesto anno di vita. Una su due chiude dopo 48 mesi.
Le piccole imprese nate nel 2014 sono state 235.985 e di queste, a fine 2018, ne sono rimaste 147.801 (88.184 hanno chiuso, il 37,4%).
Ma attenzione alle facili considerazioni…
I mercati in tempesta hanno fatto solo emergere la preesistente debolezza di alcune aziende italiane, unita all’incapacità della politica nel dare risposte ai problemi degli imprenditori.
Pensare che il problema sia la crisi di mercato o la politica è fatale per la sopravvivenza imprenditoriale, perché puoi controllare solo ciò che dipende direttamente da te.
Le cause principali sono riconducibili a uno o più dei seguenti tre fattori chiave:
1. CONOSCENZA – A scuola non insegnano gestione aziendale e management d’impresa, ma senza la conoscenza giusta è complesso ottenere risultati giusti. La conoscenza è una tua responsabilità diretta.
2. COMPORTAMENTO – Sei l’ultimo a renderti conto dei tuoi atteggiamenti, perché sono l’effetto delle tue idee che non sono visibili. Alcune di esse saranno corrette, altre saranno idee virus che genereranno azioni fallimentari nonostante la conoscenza corretta. Conoscere quali tuoi comportamenti sono produttivi e quali sono distruttivi rispetto ai tuoi obiettivi è una tua responsabilità diretta.
3. CONTROLLO – Saper dirigere l’azienda tramite i numeri, significa anticipare il mercato così come un surfista anticipa l’onda per riuscire a cavalcarla. Avere un cruscotto di controllo aziendale e finanziario è una tua responsabilità diretta.
A questo punto, avrai compreso che far andar bene la tua azienda non dipende dal mercato o dalla politica (anche se potrebbero aiutare), ma è una tua responsabilità diretta!
RESPONSABILITÁ è prima di tutto non lamentarti e chiederti cosa puoi fare tu per far espandere la tua azienda: lavora su Conoscenza, Comportamento, Controllo.
L’azienda è lo specchio dell’imprenditore, non lasciare che accada il contrario!

Emozioni e apprendimento sono strettamente legati in quanto entrambi hanno luogo nella nostra mente.
Apprendere significa acquisire nuove conoscenze o competenze. Per apprendere devi pensare ed i pensieri sono influenzati direttamente dai tuoi vissuti emotivi.
Poiché non si è in grado di vedere direttamente le emozioni provate, il gioco è il mezzo che utilizzo per evidenziarle attraverso il comportamento e renderle, quindi, visibili.
L’emozione agisce da guida nella presa di decisioni che poi si trasformano, più o meno rapidamente, in azioni e comportamenti.
Secondo lo psicologo statunitense Howard Gardner:
“Se si vuole che certe conoscenze siano interiorizzate e successivamente usate, necessita immetterle in un contesto capace di suscitare emozioni. Al contrario, le esperienze prive di richiami emozionali saranno scarsamente coinvolgenti e ben presto cadranno nell’oblio, non lasciando dietro di sé nessuna rappresentazione mentale.”
Il collegamento tra emozioni ed apprendimento è ancor più chiaro se si considera che la forza dei ricordi dipende dal grado di attivazione emozionale indotto dall’apprendimento.
Quindi, esperienze vissute con un’intensa partecipazione emotiva, vengono catalogate nella mente come “importanti” e vengono così più facilmente ricordate anche successivamente nel tempo.
Giocare in gruppo, divertirsi, dover risolvere degli imprevisti insieme, farlo su un argomento specifico, trasformare l’esperienza in formazione è l’obiettivo principale dell’apprendimento emozionale.
Giocando e divertendosi, con il supporto di una guida esperta, si apprende molto di più!

La rincorsa all’incremento del fatturato tipica degli inizi degli anni 2000 (e giustificata da margini mediamente alti), ha creato nell’imprenditore una forte distorsione cognitiva: credere che l’aumento del fatturato corrisponda a un aumento degli utili.
C’è da dire che questo pensiero virus è stato ben alimentato dall’assenza di consulenza di circa l’80% dei commercialisti italiani che spesso si limitano a fare contabilità.
Osservare l’andamento mensile del fatturato è abbastanza semplice, qualsiasi attività riesce a farlo. Osservare l’andamento mensile dei profitti lo è meno, ecco perché l’imprenditore rischia di pensare di essere in utile e trovarsi realmente in perdita.
Strategicamente, la tua azienda deve essere improntata sui profitti. Tutto ciò che fai deve avere marginalità e generare soldi che restino nelle tue tasche o che vadano ad alimentare l’espansione del business. Per riuscirci, devi pretendere che il commercialista ti imposti una contabilità industriale e crei un cruscotto aziendale di sintesi che evidenzi i seguenti dati su base mensile:
- Andamento del fatturato (valore e percentuale di scostamento) di ogni singolo prodotto/servizio del mese in corso rispetto al mese precedente o al budget
- Andamento dei costi diretti e indiretti (valore e percentuale di scostamento) di ogni singolo prodotto/servizio del mese in corso rispetto al mese precedente o al budget
- Andamento della marginalità (valore e percentuale di scostamento) di ogni singolo prodotto/servizio del mese in corso rispetto al mese precedente o al budget
- Peso percentuale di ogni singolo prodotto/servizio sul totale del fatturato
- Andamento complessivo dell’attività come fatturato, costi e marginalità
Nella mia attività di consulenza strategica volta alla creazione di business ad alte prestazioni, mi ritrovo molto spesso ad interagire con il cliente e il suo commercialista per riuscire ad avere un’impostazione del genere che è fondamentale per comprendere quali passi strategici fare e quali risultati le azioni stanno producendo nel breve periodo.
Il mio lavoro, in questi casi, consiste in due azioni ben specifiche:
- Cambiare il mindset dell’imprenditore
- Cambiare il mindset del commercialista (se non allineato)
CAMBIARE IL MINDSET DELL’IMPRENDITORE
L’abitudine di pensare in termini di incremento di fatturato, va sostituita con l’abitudine di ragionare in termini di profitto. In particolare, il mindset sarà focalizzato su centri di profitto e centri di costo.
Faccio comprendere all’imprenditore il reale significato di tre sue statistiche aziendali:
- Il fatturato è un indicatore quantitativo che fa comprendere se ci stiamo espandendo o contraendo sul mercato
- L’utile è un indicatore qualitativo della buone gestione dell’imprenditore
- La liquidità è un indicatore di sopravvivenza nel tempo dell’azienda
Quindi, la prima cosa da tenere sotto controllo è l’andamento della liquidità. Circa il 90% delle aziende che chiudono, hanno problemi di liquidità. Per calcolare l’indice di sopravvivenza aziendale, occorre rispondere a questa domanda strategica: Se da oggi la tua azienda non incassasse più soldi, per quanto tempo potrebbe sopravvivere?
La seconda cosa, in termini di priorità, da tenere sotto controllo è l’andamento dei profitti. Che lavori a fare se non produci utile? Le aziende sono tutte a scopo di lucro, altrimenti gestiresti una Onlus. Devi, devi, devi, lavorare per produrre alti profitti. Il rischio nel tempo è ritrovarti con problemi di liquidità, proprio perché non ti accorgi di star lavorando in perdita. Se è questa la realtà, più aumenti il fatturato e più avrai seri problemi di liquidità e di sopravvivenza.
La terza cosa da tenere sotto controllo è il fatturato. Nel mondo del business la stabilità non esiste, è solamente il preludio della discesa. Tuttavia, per motivi strategici, si può anche decidere a breve di avere una stabilità di fatturato o addirittura un calo. È il caso di una ristrutturazione del portafoglio clienti, in cui si eliminano o rivedono gli accordi con tutti quei clienti in cui siamo in perdita. Ma una volta sistemato l’utile e il portafoglio, il fatturato deve crescere… punto!
CAMBIARE IL MINDSET DEL COMMERCIALISTA
Come in molti altri settori, la professione del commercialista sta vivendo una rivoluzione che in pochi ancora vedono. Nei prossimi anni, tantissimi commercialisti vecchio stampo (quelli che fanno da data entry e zero consulenza) spariranno. La fatturazione elettronica non è che il primo segnale di allarme.
Quello che spiego ai commercialisti dei miei clienti, è che l’imprenditore oggi ha bisogno di pianificazione finanziaria e fiscale. La prima è necessaria per impostare e valutare una strategia, la seconda per evitare legalmente di ritrovarsi a novembre col conto corrente gonfio di soldi ed a gennaio in rosso a causa di acconti e tasse varie. Infatti, a fine maggio e fine novembre, l’imprenditore medio è abbastanza incazzato.
Le soluzioni del commercialista zero consulenza sono del tipo: “Compra qualcosa…” oppure “Ma puoi rateizzare…”. Non serve scrivere quale possa essere il pensiero di risposta dell’imprenditore, ti dico solo che inizia con la lettera “V” e non è un complimento.
Il commercialista medio, deve comprendere il suo lavoro è cambiato. Se lui non cambia, verrà sostituito.
Nel mio lavoro, ho l’atteggiamento da socio del mio cliente. È per questo motivo che chiedo subito di vedere i numeri o di parlare col commercialista per averli nel modo corretto, perché sono necessari per impostare una strategia efficace che porti alla creazione di alte prestazioni e non di risultati normali. Il commercialista, dovrebbe avere il mio stesso atteggiamento.
Io mi incavolo come una iena, quando scopro situazioni finanziarie negative di un cliente e mi ritrovo con un commercialista dall’atteggiamento Winnie the Pooh (l’orsetto dolce e carino, ma spesso casinista e inconcludente). Stiamo parlando della vita di un’azienda, dei sacrifici di un imprenditore, del futuro dei suoi collaboratori, ma come si fa a non pensare prima ad aiutarlo nel giusto modo?!?
Per fare un buon lavoro, serve creare una gestione per centrali di profitto e centrali di costo da tenere sotto controllo mensilmente. Poi serve una pianificazione fiscale almeno trimestrale.
Quando sono col mio cliente, questo lo pretendo, altrimenti cambiamo commercialista cercandone uno che sappia fare consulenza oppure che ne abbia realmente voglia. È questo il suo reale lavoro, non inserire dati e dirti quanto devi pagare, cazzo!
Per fortuna, un 20% di commercialisti sa esattamente di cosa sto parlando e un’altra parte si sta svegliando. Infatti, dalla partnership tra CGN (il 1° Caf dei professionisti) ed Evo Imprese (azienda specializzata in consulenza strategica e formazione imprenditoriale) è nata la prima Business School in Italia per commercialisti.
CONCLUSIONI
Scusami se a tratti hai letto qualche parolaccia, ma ho voluto lasciare la sottolineatura della mia emozionalità quando affronto certi argomenti. Credimi, difronte a certe cose mi incavolo veramente perché non tollero che un professionista lasci un cliente nei problemi quando potrebbe aiutarlo.
Detto questo, hai compreso che non puoi prescindere nella gestione della tua attività dall’avere controllo dei numeri. Oggi più che mai sono i punti di partenza per una strategia davvero efficace. Senza, stai guidando la tua azienda come un capitano bendato in mezzo alla tempesta. Non puoi fidarti solo del tuo istinto, devi verificarlo con i numeri e devi imparare a usarli nel modo corretto seguendo questa priorità:
- Incremento della Liquidità (che rappresenta la capacità di sopravvivenza dell’azienda)
- Incremento degli Utili (che rappresentano la qualità della gestione imprenditoriale)
- Aumento del Fatturato (che rappresenta la capacità di espansione della strategia aziendale)